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Cina, minori sfruttati nell’azienda che lavora agli iPhone “low cost”













Cambia l’appaltatore, ma le condizioni di lavoro. E così per Apple in Cina si profila nuovi guai all'orizzonte. Dopo gli ormai innumerevoli scandali legati alla Foxconn, il gigante taiwanese che si è guadagnato il triste soprannome di «Fabbrica dei suicidi» per la serie di tragiche morti di giovani operai che non reggono alla pressione, il gigante di Cupertino è di nuovo sotto tiro, questa volta per quanto avviene alla Pegatron. Anche questa è un’azienda di Taiwan, cui la Apple si è rivolta proprio per cercare di diversificare la produzione e non essere solo legata alla Foxconn e alla cattiva pubblicità che ne è generata.

Ma proprio ieri il China Labor Watch, una Ong con sede a New York, ha denunciato le condizioni di lavoro alla Pegatron citando più di 80 violazioni del codice lavorativo, industriale e ambientale. La lista fornita dalla Clw è davvero lunga e varia: dal mancato rispetto delle leggi ambientali, all’abitudine (comune in molte altre aziende cinesi) di sequestrare i documenti dei lavoratori per impedire che vadano altrove, alle difficili condizioni di vita all’interno delle fabbriche sino allo sfruttamento del lavoro minorile.

Uno dei problemi sollevati dalla Clw è anche quello delle paghe troppo basse che costringerebbero i lavoratori a molte ore di straordinario, non tutte, dice Clw, regolarmente retribuite. Particolarmente dannoso per la Apple, poi, il fatto che la Pegatron è una delle aziende nelle quali, secondo Clw, verrebbero prodotti alcuni dei componenti del nuovo iPhone «low cost» – non ancora lanciato sul mercato e tutt’ora avvolto da uno spesso manto di segretezza – e che dovrebbe essere uno dei vanti Apple della nuova stagione. Anzi: è proprio l’iPhone versione economica ad aver sollevato i dubbi di Clw, che si è chiesta su cosa avesse tagliato la Pegatron per riuscire ad aggiudicarsi il contratto per la produzione dei telefonini in plastica e a prezzi stracciati.

Secondo Clw, dunque, i 700 mila operai di Pegatron, distribuiti su tre fabbriche diverse (due nella zona industriale di Shanghai, la terza fuori Suzhou), lavorano dalle 66 alle 69 ore settimanali, un totale che è dunque più alto del limite massimo di 60 ore autoimpostosi dalla Apple stessa. Il gruppo americano, in seguito alle accuse della Clw, ha annunciato di voler nuovamente inviare auditor nelle fabbriche cinesi che producono per suo conto per controllare la fondatezza delle accuse.

In seguito alla grande attenzione che la stampa mondiale aveva dedicato agli abusi riportati nelle fabbriche Foxconn, nel gennaio 2012 Apple aveva deciso di unirsi alla Fair Labor Association, un’associazione sindacale indipendente che porta avanti controlli sulle condizioni lavorative.

Secondo il «Wall Street Journal», l’azienda americana avrebbe già rilevato alcuni dei problemi riportati da Clw, fra cui quello dei documenti sequestrati, nel corso di controlli a sorpresa nelle fabbriche, ma altri erano evidentemente passati inosservati

Via lastampa.it

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