Elettronica, la supremazia giapponese è solo un ricordo
Le multinazionali del Sol Levante arrancano e perdono terreno nei confronti dei rivali americani e coreani
Niente è immutabile, e persino la supremazia giapponese in campo tecnologico, che solo un paio di decenni fa pareva indistruttibile (ricordate i walkman, gli orologi e i registratori digitali, i primi Cd?), deve fare i conti col mutamente del quadro produttivo e di mercato. Se Sharp, per la prima volta dal 1950, taglia migliaia di posti di lavoro e riduce gli stipendi dei manager, Sony, per ridurre le perdite punta sulle apparecchiature elettroniche ad uso medico e Panasonic – e la stessa Sharp – si concentrano sulle energie rinnovabili per ridurre la propria dipendenza finanziaria dai proventi derivanti dal settore dell'elettronica di consumo. Le tre grandi multinazionali del Sol Levante – racconta il Wall Street Journal – hanno subito una perdita complessiva di 20 miliardi di dollari, nell'ultimo anno fiscale a causa, delle concorrenza delle grandi corporation statunitensi, Amazon, Google ed Apple e di quelle coreane, Samsung e Lg su tutte.
Nel settore smartphone, la Mela e Samsung la fanno da padrone, con una quota combinata di mercato pari al 54 %, contro un misero 8 % di tutti i produttori giapponesi sommati insieme . A cavarsela un po' meglio è Sony. Da quando ha abbandonato la sfortunata joint venture con Ericsson la società ha deciso di concentrare gli sforzi sul mercato dei cellulari, riuscendo a vendere la maggior parte dei dispositivi sul mercato estero, mentre i concorrenti come Sharp cercando di espandersi in Cina oppure provano a ritrovare un certo appeal con l'aggiunta di caratteristiche peculiari: l'impermeabilità nel caso dell'Eluga di Panasonic, proposto in Germania e Italia o la resistenza agli urti per il G'zOne di Casio, distribuito negli Usa. Non va benissimo nemmeno in altri campi, come quello degli apparecchi televisivi: i rivali coreani, Samsung e Lg sono all'avanguardia nello sviluppo degli schermi di ultima generazione Oled, a diodi organici emissori di luce, una tecnologia che permette di costruire pannelli più sottili e con un minore consumo di energia. Ironia della sorte, era stati i giapponesi, con Sony, a mettere a punto per primi gli schermi Oled, fallendo però nel passaggio più importante: quello della commercializzazione.
Una storia che si è ripetuta anche in altri settori: come ricorda Daisuke Wakabayashi sul Journal il primo lettore di libri elettronici con inchiostro digitale, chiamato Librie e comparso nel 2004, era opera sempre di Sony. Era però scomodo ad usare e, cosa ancor più importante, mancavano i libri da leggerci sopra. Oggi infatti il mercato è dominato dal Kindle che può appoggiarsi alla fornitissima libreria di Amazon. I fabbricanti giapponesi, insomma, complice anche la forza dello yen, che ha penalizzato le esportazioni e un atteggiamento troppo cauto, poco propenso a rischiare, ben diverso da quello dei pionieri del dopoguerra, hanno perso il treno del successo commerciale. E, a causa dei mancati utili, rischiano di perdere anche quello dell'innovazione. Nel 2011 Samsung ha investito 8,7 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, contro i 5,5 miliardi di Sony e i 6,6 miliardi di Panasonic. Se le multinazionali del Sol Levante non troveranno il modo di invertire la tendenza, il divario è destinato a crescere e ad autolimentarsi.
Via lastampa.it
Niente è immutabile, e persino la supremazia giapponese in campo tecnologico, che solo un paio di decenni fa pareva indistruttibile (ricordate i walkman, gli orologi e i registratori digitali, i primi Cd?), deve fare i conti col mutamente del quadro produttivo e di mercato. Se Sharp, per la prima volta dal 1950, taglia migliaia di posti di lavoro e riduce gli stipendi dei manager, Sony, per ridurre le perdite punta sulle apparecchiature elettroniche ad uso medico e Panasonic – e la stessa Sharp – si concentrano sulle energie rinnovabili per ridurre la propria dipendenza finanziaria dai proventi derivanti dal settore dell'elettronica di consumo. Le tre grandi multinazionali del Sol Levante – racconta il Wall Street Journal – hanno subito una perdita complessiva di 20 miliardi di dollari, nell'ultimo anno fiscale a causa, delle concorrenza delle grandi corporation statunitensi, Amazon, Google ed Apple e di quelle coreane, Samsung e Lg su tutte.
Nel settore smartphone, la Mela e Samsung la fanno da padrone, con una quota combinata di mercato pari al 54 %, contro un misero 8 % di tutti i produttori giapponesi sommati insieme . A cavarsela un po' meglio è Sony. Da quando ha abbandonato la sfortunata joint venture con Ericsson la società ha deciso di concentrare gli sforzi sul mercato dei cellulari, riuscendo a vendere la maggior parte dei dispositivi sul mercato estero, mentre i concorrenti come Sharp cercando di espandersi in Cina oppure provano a ritrovare un certo appeal con l'aggiunta di caratteristiche peculiari: l'impermeabilità nel caso dell'Eluga di Panasonic, proposto in Germania e Italia o la resistenza agli urti per il G'zOne di Casio, distribuito negli Usa. Non va benissimo nemmeno in altri campi, come quello degli apparecchi televisivi: i rivali coreani, Samsung e Lg sono all'avanguardia nello sviluppo degli schermi di ultima generazione Oled, a diodi organici emissori di luce, una tecnologia che permette di costruire pannelli più sottili e con un minore consumo di energia. Ironia della sorte, era stati i giapponesi, con Sony, a mettere a punto per primi gli schermi Oled, fallendo però nel passaggio più importante: quello della commercializzazione.
Una storia che si è ripetuta anche in altri settori: come ricorda Daisuke Wakabayashi sul Journal il primo lettore di libri elettronici con inchiostro digitale, chiamato Librie e comparso nel 2004, era opera sempre di Sony. Era però scomodo ad usare e, cosa ancor più importante, mancavano i libri da leggerci sopra. Oggi infatti il mercato è dominato dal Kindle che può appoggiarsi alla fornitissima libreria di Amazon. I fabbricanti giapponesi, insomma, complice anche la forza dello yen, che ha penalizzato le esportazioni e un atteggiamento troppo cauto, poco propenso a rischiare, ben diverso da quello dei pionieri del dopoguerra, hanno perso il treno del successo commerciale. E, a causa dei mancati utili, rischiano di perdere anche quello dell'innovazione. Nel 2011 Samsung ha investito 8,7 miliardi di dollari in ricerca e sviluppo, contro i 5,5 miliardi di Sony e i 6,6 miliardi di Panasonic. Se le multinazionali del Sol Levante non troveranno il modo di invertire la tendenza, il divario è destinato a crescere e ad autolimentarsi.
Via lastampa.it
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