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A lezione di Google+, il social delle sfumature

Amici divisi in categorie, controllo sui dati, flessibilità nella comunicazione. L'anti-Facebook cresce in attesa del lancio pubblico

Per molti giornalisti che hanno assistito ieri all'anteprima di Google+, nella colorata sede milanese del gigante di Mountain View, si è trattato davvero di un'anteprima. Il sistema di inviti che permette di partecipare alla fase di test del nuovo social network funziona a singhiozzo, e neppure lo staff del motore di ricerca è in grado di prevedere quando si riapriranno i “rubinetti” delle iscrizioni. Chi scrive lo prova da qualche giorno, e pensa che Google sia già sulla strada giusta: per far sì che qualcosa diventi di massa, cominciate a dire che è per pochi.

Pochi? Non si sa. In molti fanno stime più o meno credibili (10 milioni di iscritti, calcola l'osservatore Paul Allen) sul numero di utenti che già stanno sperimentando il social network del grande G, ma non esistono cifre ufficiali. Non manca chi afferma che, al momento, Google+ sia popolato dal 75% di uomini, di cui il 25% ingegneri, e il dato non stupirebbe.

Per quanto l'interfaccia presentata dagli addetti stampa di Google sia amichevole, e aggiungere o togliere amici dalle proprie “cerchie” sia semplice come spostare un file da un punto all'altro dello schermo, sembra abbastanza chiaro che chi entra qui deve occuparsi con un po' più di testa del proprio giocattolo social.

Al centro del network c'è la sostanziale differenza con Facebook: tutto ruota intorno alle Cerchie, contenitori per nomi e persone suddivise in categorie sempre e comunque personalizzabili, cancellabili, ampliabili. Era uno dei principali difetti del sito creato da Mark Zuckerberg: tutti dentro un solo calderone, che si tratti di amici, semplici conoscenti, colleghi o, magari, datori di lavoro. Eppure, non comunichiamo con tutti allo stesso modo. La soluzione di Google consiste in queste categorie, al centro del profilo, in cui infilare, quasi letteralmente, le persone. Quando aggiungiamo qualcuno, questi vedrà i nostri post e i nostri contributi multimediali, ma possiamo anche decidere di escluderlo o di dedicare contenuti precisi a un singolo soggetto. Quando l'interlocutore ci metterà nella sua cerchia, allora vedremo i suoi contributi anche noi. Lo stesso si potrebbe fare sul rivale Facebook, ma in pochi lo fanno e non è così semplice farlo.

Google, insomma, sembra esortare il suo utente a spendere qualche secondo per decidere se e a chi scrivere, prima di pubblicare qualunque cosa. I vostri amici non sapranno mai in quale cerchia li avete messi, quindi potreste riservare alla suocera il girone dei “dannati” anziché quello della famiglia, senza che lei vi diseredi. Vic Gundotra, senior vice president di Google nonché responsabile di questo progetto, sostiene che “oggi, le connessioni tra le persone si attivano sempre più online. Eppure la sottigliezza e la sostanza delle interazioni del mondo reale si perdono nella rigidità dei nostri strumenti online (…). Puntiamo a risolvere il problema”.

In fondo, la filosofia di Google+ è tutta qui: tentare di restituire le sfumature delle nostre relazioni anche nel contenitore social. Non troveremo tutti i commenti dei nostri contatti, sempre e comunque, ma li troveremo divisi nelle categorie da noi scelte. Resta da capire se questa macchina che ha finora appassionato tanti ingegneri, appassionerà allo stesso modo milioni di utenti meno interessati alle interfacce e più alla sostanza. Quelli che usano Facebook con il pilota automatico e si scomodano giusto per decidere se mostrarsi al mondo o agli amici, ma tutto lì. Da quel momento sfogliano, scrivono, pubblicano foto proprie e altrui senza pensieri e grilli parlanti che sentenziano sulla privacy. Basterà ad attirare questa categoria di persone la trovata dei videoritrovi? Si tratta di luoghi virtuali per parlare in chat video con più amici contemporaneamente, che appartengono a un determinato cerchio.

Basterà il dialogo costante tra gli elementi dell'infinita rete di servzi del motore di ricerca? Oppure l'applicazione per cellulari Android, che è già disponibile, con la quale si può anche chattare, senza preamboli, con amici di Google+ o semplici contatti di Gmail? Basterà, infine, il consueto lavoro del Data Liberation Front che permette di impacchettare tutti i propri contenuti pubblicati e conservarli, compressi in file Zip, nel cloud di Google, oppure di scaricarseli prima di chiudere tutto e mollare il servizio (davvero un unicum nel mondo del web)?

Non si sa. Come pure è fantascienza ipotizzare ora una data di lancio pubblico per tutti. Il motore di ricerca questa volta è entrato nel campo del social con l'intento giusto, che gli ha finora risparmiato un sonoro insuccesso (vedi il precedente di Google Wave). Il prodotto, inutile nasconderlo, è bello e divertente, ma l'avversario ha già 750 milioni di utenti con centinaia di legami. Per la prima volta si capirà se, nella vita di una persona, di Social ce n'è uno solo o c'è spazio per altri. La crescita di Twitter, declinazione diversa rispetto a Facebook, fa propendere per la seconda ipotesi, ma il naufragio di MySpace fa propendere per la prima. Oggi Zuckerberg, fondatore di Facebook, e la coppia Sergey Brin e Larry Page, creatori di Google, si guardano in cagnesco e non vogliono saperne di fare dialogare i due servizi. Si gioca per eliminare l'avversario, anche se Eric Schmidt, amministratore delegato del motore di ricerca, ha dichiarato alla Reuters che prevede un successo parallelo a quello di Facebook per Google+, senza la morte di nessuno. Diplomazia industriale, che lascia intatto l'interrogativo: Google+ è un concorrente con le carte in regola per Zuckerberg, ma davvero ne rimarrà uno solo?

Via lastampa.it

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