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Google denuncia campagna hacker cinese contro Gmail: attacchi informatici organizzati da un'accademia militare



















Funzionari del Governo degli Stati Uniti, attivisti politici cinesi, burocrati delle nazioni asiatiche e soprattutto della Corea del Sud, personale militare, giornalisti. Google denuncia che i pirati informatici hanno tentato di accedere ai messaggi inviati da centinaia di utenti del suo servizio di posta elettronica, Gmail.

E punta il dito verso la Cina: sostiene che l'origine degli attacchi per intercettare i documenti è nella città di Jinan, sede di un'accademia dove vengono reclutati dall'esercito giovani talenti del software, la "Lanxiang vocational school". Già un anno fa l'istituto cinese era finito al centro dei sospetti come fonte di un'altra offensiva diretta contro decine di aziende hi-tech negli Stati Uniti. E in seguito Google aveva spostato il suo motore di ricerca da Pechino a Hong Kong, dove le restrizioni della censura sono minori.
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I pirati elettronici hanno utilizzato le medesime tecniche impiegate per i furti dai conti correnti online, come il "phishing". Prima rubano la password attraverso un finto messaggio che chiede agli utenti di inserirla, ad esempio per un falso controllo da parte dello staff. Non sempre è facile accorgersi dell'inganno.

Una volta entrati nell'email, i criminali elettronici modificano le impostazioni per ottenere una copia dei documenti inviati. In questo modo testi, immagini e video arrivano senza sforzi nelle mani degli hacker: chi è caduto nella trappola ogni volta che ha spedito una comunicazione a un suo contatto ha anche incluso in modo inconsapevole i pirati informatici tra i destinatari. Secondo Bruce Schneier, capo della sicurezza tecnologica di British Telecom, l'attacco a Gmail non sembra utilizzare tecniche molto sofisticate. Google ha sottolineato che la campagna di "furto mirato" ha colpito singoli utenti, ma non era indirizzata alle sue infrastrutture, come invece è accaduto un anno fa con l'Operazione Aurora.

Ma negli ultimi mesi è salita la tensione sulla sicurezza di internet. Da poco gli hacker hanno preso di mira Lockheed Martin, il principale fornitore di Washington per tecnologie di difesa. E pochi giorni fa il Pentagono ha annunciato che pubblicherà un documento di "cyberstrategia": prevede di rispondere al "sabotaggio informatico" con "la forza militare tradizionale".

È un passo in avanti in un ambito che non ha ancora regole internazionali condivise. Ma restano da definire molti punti. È difficile, per esempio, ricostruire in modo certo l'origine delle offensive elettroniche che viaggiano nella rete di internet. Secondo il gruppo di analisti del "Center for intelligence research and analysis" spesso in Cina sono coinvolti "attivisti patriottici" che supportano gli obiettivi di Pechino.

Ma i giovani assi dell'informatica capaci di mettere alla prova le difese di aziende come Google e di istituzioni pubbliche, però, non sono ricollegabili ad autorità politiche o militari cinesi. E lanciano le loro incursioni a partire da iniziative indipendenti. Il Pentagono nel suo documento sta valutando la nozione di "equivalenza": rispondere agli attacchi, anche con l'uso della "forza militare tradizionale", in proporzione ai danni subiti.

Fonte ilsole24ore.com

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