BranchOut, l'affare milionario di Zuckerberg

Mentre Facebook continua a crescere, il network professionale pensato per integrarsi con il social network resta fermo. Almeno per gli utenti, visto che i finanziatori, nei 10 mesi in cui è stato lanciato, sono sempre di più. Un insieme di imprenditori, guidati dalla Redpoint Ventures con Accel Partners, Norwest Venture Partners e Floodgate, hanno investito ben 18 milioni di dollari in BranchOut. Questo investimento porta il capitale sociale del netowork professionale di Facebook a 24 milioni di dollari. Paragonato a LinkedIn, che proprio in questi giorni è quotato in borsa, BranchOut è un’applicazione integrata in Facebook che ti consente di cercare offerte di lavoro nella rete dei tuoi amici. L’app consente di crearsi, parallelamente a Facebook, un profilo professionale, orientato a mettere in luce le proprie esperienze e qualità lavorative. BranchOut fa quello che LinkedIn non può fare: connettere milioni di persone, già presenti sul re dei social network, nel mercato globale del lavoro. Inoltre, funzione da non sottovalutare, con l’app di Facebook chiunque può aggiungere un potenziale datore di lavoro e chattare direttamente con lui, cosa che è impossibile su LinkedIn.

Viste le premesse cos’è che rallenta la scesa di BranchOut? Prima di tutto il tempo. Per LinkedIn il successo non è stato immediato, la rete di profili professionali, in diversi ambiti, è cresciuta solo con gli anni. L’errore principale è stato quello di pensare che, in quanto app di Facebook, BranchOut potesse avere vita facile contro i concorrenti. Certo, è difficile non riconoscere il potere di LinkedIn, che giganteggia con oltre 100 milioni di utenti. La differenza sta nella piattaforma stessa di utilizzo. Anche se su LinkedIn c’è qualche accenno a funzioni “social”, come ad esempio l’integrazione con Twitter, la società deve ancora attuare una profonda integrazione con Facebook e con strumenti che permettano di uscire dal network creato dall’interno.

Un altro problema di cui si fa carico BranchOut è lo spamming. Basta che uno dei vostri amici abbia aderito al servizio, perché la piattaforma faccia partire un messaggio automatico sulla bacheca dei suoi contatti, notificando la sua presenza sul nuovo network. Una volta iscritti ci si ritrova poi sommersi dalle mail di notifica. Sembra che l’obiettivo principale sia quello di ampliare la rete di contatti più che trovare un lavoro.

Si finirà così col suggerire ai propri amici a rivedere le impostazioni di privacy di BranchOut per evitare un’eccessiva mole di informazioni inviate in giro per le bacheche. A differenza di LinkedIn infatti, l’adesione all’applicazione comporta la diffusione di una quantità notevole di informazioni personali che sarebbe meglio gestire più accuratamente, come avviene sui network professionali. In questo modo invece che migrare o integrare la propria identità professionale online su BranchOut, molti hanno preferito rafforzare la presenza su LinkedIn, che mantiene l’obiettivo di far stingere contatti. Su BranchOut invece si parla di “ampliamento” dell’impero. Una dinamica bellica che non va d’accordo con la cultura partecipativa del Web sociale.

Fonte lastampa.it