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La Siae: potremmo vendere gli iPhone a prezzi più bassi di Apple

In risposta agli aumenti di ieri su smartphone e tablet della Mela, oggi arriva la provocazione della Società Italiana Autori ed Editori: “Vogliamo evitare l’ingiustificata depredazione decisa dall’azienda di Cupertino”













Ieri Apple ha aumentato i prezzi di smartphone, tablet e pc applicando le nuove tariffe dell’equo compenso per copia privata decise dal ministro Franceschini. E oggi - si legge in un comunicato appena diffuso - “la Siae prende atto con rammarico dell’incremento dei prezzi dei dispositivi Apple, fatto che dimostra ancora una volta come la multinazionale americana abbia come unico obiettivo quello di aumentare i propri profitti attraverso la discriminazione dei consumatori italiani rispetto a quelli degli altri Paesi europei dove,pur in presenza di una copia privata più elevata, i prezzi restano notevolmente più bassi, come risulta palese dalla tabella allegata”.

Nella tabella, però, la Siae, indica come effettivamente applicato il contributo di 36 euro per copia privata in Germania, mentre la questione è molto più complessa: la norma è attualmente solo una proposta, ed è aspramente osteggiata dalle associazioni tedesche dei produttori di apparecchi elettronici. In attesa della pronuncia del tribunale, per ora non viene applicata.

Nel breve comunicato, la Società Italiana Autori ed Editori sottolinea inoltre che “reagirà con determinazione rispetto alla proditoria indicazione “tassa sul copyright”, utilizzata da Apple”. Qui ci sarebbe da chiedersi come mai si ricordi solo ora di farlo, visto che da tempo Apple adotta questa definizione nelle indicazione delle tariffe dovute per l’equo compenso.
In chiusura del comunicato, la parte forse più interessante: “Per dimostrare la scorrettezza del colosso americano, la Siae si riserva di vendere in Italia iPhone ai prezzi francesi, favorendo così i consumatori ed evitandone l’ingiustificata depredazione decisa dall’azienda di Cupertino”.
La Siae invita, infine, tutte le associazioni dei consumatori a unirsi alla Società per difendere i consumatori italiani e la cultura del nostro Paese. Vedremo chi accetterà l’invito: al momento Altroconsumo ha annunciato un ricorso contro le nuove tariffe dell’equo compenso.

Alla mossa di Apple - che definisce “gravissima” - si riferisce in un’altra nota anche il presidente della commissione Bilancio della Camera, Francesco Boccia (Pd). «Vista la vergognosa reazione di Apple, se non ci sarà in Europa entro l’autunno una disciplina condivisa sulle imposte connesse all’economia digitale, l’unica strada percorribile per l’Italia in vista della legge di Stabilità 2015 sarà quella di inasprire le sanzioni, rafforzando ulteriormente il meccanismo introdotto con la cosiddetta webtax 2014, per un recupero di risorse non inferiore al miliardo l’anno da riversare interamente ai consumatori italiani attraverso adeguati crediti d’imposta.

Arrivano reazioni anche da destra: «Non ci voleva un genio per capire come sarebbe andata a finire, ma bastava un briciolo di onestà intellettuale. E invece il ministro Franceschini si era detto certo che gli aumenti dell’equo compenso per copia privata non avrebbero determinato corrispettivi aumenti dei prezzi finali di vendita dei dispositivi, tra cui tablet e smartphone». Lo ha detto oggi il presidente della commissione Finanze della camera daniele Capezzone.

«E lungi dal rappresentare una «mistificazione», come sostengono i sindacati Siae - aggiunge - l’iniziativa di Apple, che calcola al centesimo anche l’IVA che si paga sull’equo compenso, è davvero incontestabile, almeno per trasparenza e corretta informazione, laddove fa capire ai consumatori a chi va ogni centesimo di euro speso. Forse altri produttori decideranno di assorbire l’aumento, nascondendolo dietro altri rincari, ma dal ministro e dalla Siae dobbiamo esigere di riconoscere almeno la realtà: hanno aumentato quella che funziona come una vera e propria «tassa» (per una copia privata che verrà effettuata, è bene ricordarlo, appena sul 5-10% dei dispositivi acquistati) e che come tutte le altre in un modo o nell’altro si scarica sui consumatori, deprimendo l’economia. Altro che ripresa».

Via lastampa.it

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