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Apple e IBM, come il Grande Fratello è diventato il Grande Amico

L’annuncio dell’accordo di ieri pone fine a una rivalità durata trent’anni. Ecco chi vince e chi perde













A Cupertino da ieri IBM non è più il nemico da battere, l’avversario da deridere, il pericolo da cui difendersi. Nel più famoso spot di Apple, quello che lanciò il Macintosh nel 1984, era il Grande Fratello, il volto mostruoso di una società dove l’informazione era tutta in mano a un solo gruppo, a un solo linguaggio, a un solo sistema. E non a caso il volto del potere era blu: Big Blue è il soprannome di IBM.

In tre decenni molte cose sono cambiate, e l’accordo tra i due giganti dell’informatica è una mossa a sorpresa per gli analisti, ma ha una logica ineccepibile, ed ha ragione Tim Cook (che in IBM ha lavorato per anni prima di passare ad Apple) a dire che è come quando due pezzi di un puzzle si incastrano perfettamente.

Agli inizi degli anni Ottanta, Apple e IBM competevano per gli stessi mercati, pur partendo da punti diversi: Cupertino dominava nel settore delle piccole imprese e in quello - appena nascente - del computer personale con l’Apple II, mentre il marchio IBM era diffuso nelle grandi aziende e nelle istituzioni. Poi però nel 1983 Apple lanciò il Lisa, un computer potente e innovativo ma molto costoso, pensato per il mercato professionale, invadendo il campo di Big Blue. La risposta non si fece attendere: il PCJr arrivò nei negozi nel 1984, scontrandosi direttamente col il primo Mac. Nessuna delle due incursioni nel territorio nemico fu fortunata: il Lisa fu un flop commerciale, il piccolo PC uscì di produzione dopo un anno appena. Ma la contrapposizione fra i due big dell’informatica continuò, sopravvivendo anche all’altra storica rivalità, quella tra Apple e Microsoft. Quando Steve Jobs, dopo la parentesi di Next, tornò a Cupertino, strinse un accordo con Bill Gates per salvare Apple, ormai prossima alla bancarotta, ma non smise di deridere Big Blue, diventata simbolo di un modo burocratico e noioso di concepire l’informatica. E appena potè si liberò dei chip PowerPC, che dal 1994 Apple montava sui sui Mac, per passare a Intel.

Oggi non c’è un solo punto in cui si sovrappongano gli interessi di Tim Cook e Ginni Rometty (Ceo di IBM): Apple ha abbandonato la battaglia per la supremazia nel mondo dei pc e ha lasciato a Microsoft il compito di dragare gli ultimi guadagni da un mercato in calo costante, preferendo concentrarsi su smartphone e tablet, due settori in cui primeggia con iPhone e iPad. Nel frattempo, anche IBM ha chiuso con i computer per il mercato consumer, che pure aveva inventato col primo personal computer, presentato nel 1981. Il marchio blu si vede ancora su apparecchi destinati a centri di calcolo, università, istituzioni, aziende, mentre gli ultimi eredi del ThinkPad sono attualmente prodotti da Lenovo, che nel 2005 ha acquistato la divisione pc di IBM. Così alla fine l’accordo è storico anche per un altro motivo: si gioca tutto in un territorio che non è quello dei computer tradizionali, ma anzi riconosce e valorizza le potenzialità per uso professionale di tablet e smartphone. Quelli che Steve Jobs definì “apparecchi post-pc” e che oggi nel fatturato di Apple valgono oltre il 76 per cento del totale. Ma attenzione, dopo 800 milioni di apparecchi iOS venduti, il tasso di crescita cala necessariamente, così a Cupertino devono provare a espandersi in nuovi territori, sia geograficamente (ad esempio la Cina), sia dal punto di vista dei settori di mercato.

Se l’educational è sempre stato un punto di forza di Apple, in ambito business attualmente il 98 per cento delle 500 aziende più importanti al mondo adoperano già i prodotti della Mela: una percentuale altissima, alla quale però finora non ha corrisposto una struttura commerciale e di supporto adeguata. Dal mercato dei server l’azienda di Cook è uscita tre anni fa, quando ha smesso di produrre XServe, così chi oggi usa iPhone e iPad in ambito lavorativo fa parte di quel grande movimento che si chiama BYOD, Bring Your Own Device. Non è una moda, ma un esempio di come il mercato consumer abbia influenzato anche l’organizzazione e le pratiche interne delle aziende: usando smartphone e tablet nella vita di tutti i giorni, vorremmo tutti poter trovare sul posto di lavoro la stessa flessibilità e la stessa semplicità. Una lotta impari, contro sistemisti e addetti alla sicurezza, formati su strumenti e software che oggi sembrano orribilmente vecchi e scomodi. Gli esempi di integrazione compiuta sono tutto sommato pochi: tra questi, Deutsche Bank che adotta quasi 20 mila iPhone, e Siemens che arriva a 30 mila, secondo dati forniti dalla stessa Apple.



La parola d’ordine è mobilità: negli uffici Nokia già dieci anni fa non si usavano più i telefoni fissi, il Blackberry permetteva di leggere e scrivere mail ovunque, poi sono arrivati iPhone e iPad, e la suite Office di Microsoft, e i tablet Samsung pensati apposta per gli uffici. Ma nessuno finora aveva proposto una prospettiva così ampia, dove hardware, software e servizi si integrano in un ecosistema completo per il mondo del business. Apple e IBM hanno annunciato oltre cento nuove app, ma anche un’assistenza clienti dedicata e una rete di vendita specializzata, con esperti che spiegheranno alle aziende come integrare loro sistemi con la piattaforma iOS.

L’altra faccia della mobilità è il cloud, che permette di lavorare su apparecchi diversi con la certezza che file e documenti sono sempre sincronizzati e sempre accessibili, perché conservati in un server remoto. I servizi web di Apple non sono mai stati all’altezza degli altri prodotti della Mela, sia hardware che software, e probabilmente era prematuro scommettere su iCloud per arrivare agli standard di qualità indispensabili nell’ambito business. Così ci pensa IBM: e questo è un duro colpo per Microsoft, che pure offre servizi analoghi. Proprio qualche giorno fa, in una mail ai dipendenti, il nuovo CEO Satya Nadella ha ribadito che cloud e mobilità sono i due capisaldi su cui puntare per il futuro (e per questo ha anche acquisito Nokia).

Un altro duro colpo è a Google, che il mese scorso ha annunciato di aver acquisito Knox, un sistema sviluppato da Samsung progettato per i tenere separati app e dati dell’ufficio da quelli personali: tablet e smartphone Android possono così avere una doppia anima, professionale e personale insieme, e per passare dall’una all’altra basta un tocco. Anche Microsoft adotta una soluzione simile su Windows Phone, ma nessuno dei due concorrenti ha una percentuale di adozione nelle aziende paragonabile a quella di Apple. E soprattutto, nessuno oggi può contare su un ecosistema articolato e completo come quello offerto da Apple e IBM: nemmeno Blackberry, che pure aveva aperto la strada a questo cambiamento epocale nel 2003. Oggi perde il 4 per cento in Borsa, l’ennesimo sussulto di un’agonia iniziata sette anni fa, quando Apple lanciò l’iPhone.

Via lastampa.it

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