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Il governo aggiorna l’equo compenso, stangatina su smartphone e tablet In arrivo aumenti fino al 500 per cento

Il ministro Franceschini firma il decreto: «Ma non si tratta di una nuova tassa»













«Non chiamatela tassa sugli smartphone», avvisa il ministro della Cultura Franceschini. E un errore, spiega, sarebbe anche ipotizzare un aumento del prezzo nei negozi. Eppure, in qualche modo, di stangatina tocca parlare, soprattutto per quanto riguarda i cellulari e i tablet.

Oggi infatti è stato firmato il decreto che, per i prossimi tre anni, aggiorna il compenso per la riproduzione privata di fonogrammi e di videogrammi previsto dalla legge sul diritto d’autore. Tradotto: aumentano gli importi che i produttori devono pagare su chiavette Usb, hard-disk esterni, Tv con funzione di registratore e decoder. Di fatto, tutti i dispositivi elettronici che funzionano da archivi digitali. Qualche numero: su un cd con 700 mega di spazio il balzello è di 0,1 centesimi, su un dvd da 4,7 Giga di 0,20 centesimi. Ad essere maggiormente tartassati sono smartphone e tablet. Se prima la quota per un cellulare intelligente era di 0,9 euro, ora passa a 4. Un aumento del 500%. Idem per le tavolette, per cui finora il balzello non esisteva.

Difficile dire se, in qualche modo, l’aumento peserà sui consumatori. Il decreto, dice Franceschini, «non prevede alcun incremento automatico dei prezzi di vendita. Peraltro, com’è noto, in larga parte gli smartphone e tablet sono venduti a prezzo fisso». Il titolare della Cultura sottolinea inoltre di aver applicato «doverosamente una norma di legge vigente» e ricorda che «è dal 2012 che le tabelle sull’equo compenso attendevano di essere aggiornate. Ho anche ricostituito il tavolo tecnico che dovrà monitorare l’evoluzione e le tendenze del mercato, entro 12 mesi, verificherò lo stato di applicazione» del provvedimento.
Previsto a cadenza triennale, il rinnovo per la determinazione della misura del compenso per copia privata non è una cosa nuova. Si tratta di un decreto attuativo di una legge del 2003 nata da una direttiva Ue del 2001 e l’ultima approvazione risaliva al gennaio 2010.

La misura, però, piace pochissimo (eufemismo) ai produttori. Il presidente di Confindustria Digitale Elio Catania parla di «provvedimento ingiustificato che non riflette il comportamento dei consumatori e l’evoluzione delle tecnologie e non è in linea con lo sforzo che il Paese deve compiere per sostenere l’innovazione digitale». 

Via lastampa.it

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