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Trent’anni fa il primo Mac,il computer dal volto umano

Una rivoluzione culturale prima ancora che informatica
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
Nel 1984 Apple esisteva già da otto anni, e aveva già lanciato almeno un computer di grande successo. Prodotto in varie versioni, l’Apple II era però invecchiato, sorpassato da concorrenti più economici e veloci (parliamo, è bene ricordarlo, di potenze di calcolo inferiori a quelle di un cellulare attuale da pochi euro).

A Steve Jobs serviva un’idea nuova, e la trovò nei laboratori Xerox di Palo Alto, dove alcuni ricercatori stavano lavorando a computer con un’interfaccia grafica anziché testuale, come era stato fino ad allora. La metafora che avevano inventato era semplice e familiare: la scrivania, le cartelle, i documenti, il cestino. C’era una scatoletta con un pulsante: per aprile il file bastava cliccarci due volte sopra, per spostarlo tenere premuto e muovere l’icona.

Il primo computer di Cupertino con interfaccia grafica e mouse non fu il Mac, ma l’Apple Lisa, presentato nel 1983. Jobs non ne era soddisfatto: voleva una macchina per tutti, non solo per i professionisti. Così, in parallelo al computer che portava il nome della sua figlia abbandonata, fondò un nuovo gruppo all’interno di Apple, diede ai suoi ingegneri uno spazio in un ufficio in disuso e mise sulla porta la bandiera nera dei pirati. Il gruppo lavorò mesi senza sosta, e tra mille peripezie il Macintosh fu pronto solo qualche ora prima della presentazione agli investitori, il 24 gennaio del 1984. Si chiamava come una varietà di mela, rossa e croccante.

Nel primo Macintosh c’è già tutto quello che avrebbe reso Apple famosa in seguito: è piccolo (alla presentazione Jobs lo estrae da una specie di zaino), ha un aspetto amichevole, addirittura parla e fa battute. E, trattandosi di Apple, ecco la solita maniacale cura per il design, l’amore per la musica, un pizzico di cultura alternativa, l’idea che la tecnologia non sia fine a se stessa, ma serva per migliorare ciascuno e tutti. Il Mac non vendette molto, ma annunciò una rivoluzione culturale prima ancora che informatica: il computer usciva da uffici e laboratori e diventava uno strumento creativo.

Negli anni, Microsoft riprenderà l’interfaccia grafica e le finestre, dominando il mondo con Windows, eppure non riuscirà a imitare lo spirito di Apple, che farà il successo di prodotti come l’iPod, l’iPhone, l’iPad. È un mix unico di cultura umanistica e tecnologia, come ricordò Steve Jobs nella sua ultima apparizione pubblica pochi mesi prima di morire. Oggi il fatturato di Cupertino arriva per la maggior parte da smartphone e tablet, del Macintosh rimangono appena poche tracce nei nomi dei computer. Il nuovo sistema operativo si chiama Mavericks, e il computer che sorride è solo un’icona da cercare su Google.


Via lastampa.it
 

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