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Mico, la app che trasforma il cervello in dj

Presentata al festival SXSW dall'azienda giapponese Neurowear, l'applicazione (ancora sotto forma di prototipo) capta le onde cerebrali, le analizza e sceglie la playlist più adatta. Fantascienza o avanguardia? 













Certe notti del 1995, la radio che passava Neil Young sembrava aver capito chi eri. Oggi, con lo zampino di un social network o di una app, sa davvero chi sei. E se in futuro arrivasse persino a capire cosa stai provando e cosa desideri ascoltare? Da Ligabue alla fantascienza, il passo è breve. Talmente breve, che al South By Southwest di Austin (gigantesco festival musicale, ma anche vetrina di innovazione) è stato presentato il prototipo di un sistema che fa esattamente quello: cattura le tue onde cerebrali e le utilizza per decidere quale Neil Young farti ascoltare.

La tecnologia si chiama Mico , una sorta di acronimo di “Music inspiration from your subcosciousness”. A proporla è una società giapponese chiamata Neurowear. Il meccanismo, illustrato dal video qui sotto, è il seguente: dei sensori applicati alle cuffie captano le tue onde cerebrali e le trasmettono a uno smartphone, dove un'applicazione le interpreta e sceglie di conseguenza la playlist musicale. Sei contento? Ecco una canzone allegra. Sei pensieroso? Una melodia per meditare. Sei eccitato? Un brano ad alto tasso di beat. E così via. 

Almeno, queste sono le premesse e le promesse. Provare Mico, infatti, al momento non è possibile. Al di là della presentazione in Texas, pensata per stuzzicare i media che ogni anno accorrono in massa al SXSW (e quelli, vedi il sottoscritto, che lo seguono a distanza), il sistema è in uno stadio ultra-embrionale. Nessuno ha ancora potuto metterci mani, orecchie o cervello. Per i frequentatori del variopinto universo della tecnologia, il sospetto del vaporware  Ã¨ forte e viene rinforzato da una visita al sito di Neurowear e della favolosa galleria di progetti – tutti basati sulle onde cerebrali – in lavorazione nei laboratori dell'azienda. C'è l'ansiogeno  Brain Disco  (in cui il dj deve riuscire a mantenere un alto coefficiente d'attenzione tra il pubblico, pena l'allontanamento dal mixer), la app per iPhone Zen Tunes  (che stila una classifica delle emozioni scaturite dalla musica che ascolti), il vinilico Neuro Turntable , un piatto che continua a girare e a produrre suoni solo se sei davvero concentrato (allusione al modo assai distratto in cui oggi ascoltiamo la musica?). Quanti rimarranno fantasia e quanti vedranno la luce? E a quale categoria appartiene Mico?

Un po' di scetticismo, insomma, è giustificato. Ma anche un po' di curiosità. Almeno per tre ragioni:

a) La tecnologia si sta da tempo concentrando sull'interazione uomo-macchina, alla ricerca di un collegamento sempre più diretto e profondo. Il passaggio dalla tastiera al touch screen è già stato un bel balzo in avanti, seppur ancora su base tattile. I sistemi controllati attraverso il movimento degli occhi o il riconoscimento delle retine sono già qualcosa di più. E diverse aziende, spesso alimentate da portafogli belli gonfi, si stanno concentrando sulla materia. In tempi decisamente non sospetti ( era il 2004 ), Larry Page ipotizzò/sognò un collegamento diretto tra Google e il cervello umano. In campo musicale, pensiamo alle collaborazioni pro-jogging di Apple e Nike, basate sul nostro movimento. O, per rimanere sulle proposte del SXSW, a una start up come Biobeats , che produce un'applicazione in cui la musica è regolata dal tuo battito cardiaco, catturato dalla fotocamera dell'iPhone. Il dialogo tra le macchine e il nostro corpo è sempre più reale, quello con il cervello è un sogno assai condiviso dagli scienziati del nostro tempo.

b) Sempre rimanendo nel campo della dialettica e del rapporto tra analogico e digitale, tra carbonio e silicio, tra organico e meccanico, il nostro povero corpo è oggi sotto continuo assalto dell' information overload. Se Internet è in grado di moltiplicare a suo piacimento grandi quantità di contenuti, noi facciamo molta più fatica a starci dietro. Persino il nostro cervello – potentissimo e dalle grandi capacità adattative, ma abituato a ritmi ben diversi da quelli imposti dall'era dei social media – inizia ad arrancare, ingolfarsi, paralizzarsi. Rimanendo in area musicale, basta pensare ai 20 milioni di canzoni disponibili su Spotify o ai 27 in vendita su iTunes. Come muoversi, noi che siamo una semplice persona che vale uno, in mezzo a questa moltitudine? Nuovi servizi che ci fornissero automaticamente la musica – non in base a interessi radiofonico/commerciali, bensì alle esigenze derivate dalle nostre emozioni o dettate dalle nostre sinapsi – sarebbero di sicuro bene accolti dal pubblico. Non a caso, nel suo slogan Mico ci promette di “liberare l'utente dal dover scegliere canzoni e artisti”. E – senza chiamare in causa il subconscio – questo è l'obiettivo di servizi già attivi come Stereomood (dimmi il tuo umore e ti darò la musica giusta).

c) Come se non bastasse, c'è un'ulteriore prova che Mico potrebbe davvero diventare realtà: il suo coefficiente fantascientifico. Pensateci bene: un sistema che legge le onde cerebrali e le trasforma in playlist? E' impossibile. Ma tornate un attimo indietro nel tempo. Quante delle tecnologie che oggi usiamo quotidianamente, ormai senza rendercene conto, appena quindici anni fa sarebbero apparse del tutto irrealizzabili? 

Via lastampa.it

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