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Mozilla: “Con Firefox Os scendiamo in campo nel mobile”

Intervista al presidente Mitchell Baker, a Roma per TechCrunch Italy: «È in gioco il futuro del Web»
















Non capita tutti i giorni di incontrare un mito del Web. Nome forse non molto conosciuto dai non addetti ai lavori, la presidentessa della Fondazione Mozilla, Mitchell Baker , è una di quelle persone che hanno contribuito a dare forma al Web come lo conosciamo oggi, tanto da entrare a far parte, nell’aprile di quest’anno della Internet Hall of Fame , un riconoscimento riservato a chi ha fatto la storia e l’innovazione della Rete. Baker era nei giorni scorsi a Roma, in occasione di TechCrunch Italy, per parlare di Firefox Os , il sistema operativo per smartphone che promette di rivoluzionare il mercato dei cellulari, soprattutto in certe aree del mondo dove le disponibilità economiche dei consumatori sono minori. Basato su una versione modificata di Gecko, il “motore” alla base del browser di casa Mozilla, consentirà – almeno così assicurano gli sviluppatori - prestazioni di buon livello anche su dispositivi molto economici e soprattutto, dovrebbe liberare utenti e programmatori dalla tirannia dei “giardini murati” di Apple e Google. Le applicazioni potranno essere scritte in Html 5 e Javascript, gli stessi linguaggi con cui possono essere realizzati i siti Web, e verrano distribuite attraverso il marketplace di Mozilla.

Il lancio ufficiale di Firefox Os avverrà all’inizio del 2013 in Brasile e in altre nazioni dell’America Latina. Gli ingegneri e i manager della Volpe rossa vanno insomma in controtendenza, in un mondo del mobile che si sta chiudendo attorno a linguaggi e piattaforme proprietarie. Una mossa quasi obbligata per la fondazione no-profit, come ci spiega Baker in questa intervista.

Ormai sembra quasi che il centro di gravità del Web si stia spostando dai programmi per Pc alle apps, vista anche l’enorme diffusione dei tablet e degli smartphone e l’aumento dell’abitudine di connettersi in mobilità. Anche qui a TechCrunch Italia ne abbiamo vari indizi: sono presenti come espositori alcune aziende che propongono servizi per la creazione di app fai-da-te e un nome importante come Buongiorno ha lanciato un marketplace per la vendita di applicazioni in Html 5. Voi però a Mozilla sembrate pensare che questo processo, per lo meno in questa forma, non sia destinato a durare. Ci spiega perché?
Per un paio di ragioni: siamo ancora in una fase molto acerba dello sviluppo delle applicazioni e che, in ultima analisi, siano solo un altro modo di accedere al Web. È vero che oggi sono molto di più: sono sia un formato di accesso che un nuovo business model, che prevede dei dispositivi di controllo molto centralizzati e molto specifici rispetto a un certo tipo di tecnologia. Ma è qualcosa che abbiamo già visto accadere. È il mondo che c’era prima del Web. La chiave è prendere alcune cose che amiamo delle apps, come il fatto che sono facili da usare, fanno un singolo compito e lo svolgono bene, e che sono legate a un senso di appartenenza, di possesso individuale del prodotto, e integrarle con la libertà, flessibilità e universalità tipiche del Web. È quello che stiamo cercando di fare.

Ha menzionato la libertà che è un po’ la parola chiave per Mozilla, specie se si tiene conto della vostra mission. In passato avete affermato di non voler lavorare contro gli operatori dominanti sul mercato, ma assieme a loro. Ma nel momento in cui proponete qualcosa di assai differente dal modello centralizzato che oggi esiste, in cui per poter vendere o proporre una app bisogna passare attraverso il filtro di Apple o Google e pagare sia un canone per la creazione di un account per sviluppatori che delle commissioni sulle vendite, non state in realtà ingaggiando una lotta con loro?
Certo, sono due modelli molto diversi, è una lotta per il futuro del Web ed è il motivo per cui ci stiamo impegnando nel mobile. Prima se eri uno sviluppatore e avevi una buona idea, la mettevi sul Web e la gente poteva trovarla. Oggi è diverso. Immagini se Skype avesse dovuto andare dagli operatori che avrebbero preteso una commissione per distribuire il prodotto, quanti la avrebbero usata? Non certo tanti come adesso. Credo comunque che entrambi i modelli siano destinati a coesistere per un certo periodo. La tecnica di monetizzazione di Apple, il fatto di proporre prodotti in un ecosistema chiuso, è comprensibile e funziona, fino a un certo punto, e loro sono bravi a creare software che piacciono alla gente. Crediamo però che questo sia possibile anche all’interno di un ecosistema diverso, quello originale del Web; al momento non sembra fattibile, ma solo perché nessuno ci ha ancora provato. Con Firefox Os, vogliamo dimostrare che le potenzialità del Web sono molto più vaste di quello che la gente si aspetta.

Firefox Os a parte, quali sono i principali progetti a cui si sta dedicando in questo periodo Mozilla?
Stiamo lavorando su vari fronti. Abbiamo appena rilasciato, per esempio, l’applicazione per Android, in modo da potenziare l’esperienza di Firefox su questa piattaforma. Più in generale, stiamo lavorando a una serie di tecnologie che consentano a che le usa di avere il controllo su quanto sta diffondendo su Internet. La più ovvia è la tecnologia Do Not Track integrata nei browser, tramite cui il navigatore avvisa gli inserzionisti che non desidera essere monitorato mentre naviga. Do-Not-Track è ancora agli esordi. I principali produttori di browser hanno adottato questo protocollo, da ultimo Google un paio di settimane fa, ora deve essere adottato e accettato dagli inserzionisti, sembra stia cominciando a prendere piede, soprattutto in Europa dove il settore è più regolato e c’è un diverso tipo di approccio. La verità è che più passa il tempo più la gente vuole avere sia un’esperienza del Web più ricca possibile, sia avere maggiore controllo su di essa. Al momento però Do Not Track ancora di uno strumento di base in cui la scelta è fra “sì” o “no”. Il nostro obiettivo nel lungo periodo è rendere questa scelta meno manichea. Far sì che si possa dire: questa parte della mia vita la voglio condividere di più, quest’altra la voglio mantenere riservata.

Un altro aspetto di questo problema è quello legato al cloud. Come altri produttori, anche voi avete lanciato da non molto uno strumento di sincronizzazione fra vari dispositivi, Firefox Sync per portare facilmente con sé impostazioni e documenti ovunque ci si trovi. Ma la crescente importanza della nuvola non espone a dei rischi eccessivi sul piano della privacy?
Qualsiasi strumento molto potente ha aspetti positivi e negativi, il cloud è modo potentitissimo di manipolare i dati per cui fa anche molta paura. Tutti questi aspetti sono intrecciati insieme. Sync per noi è un primo passo. Ci sono certi tipi di informazioni che è possibile criptare in maniera efficace e senza pregiudicare l’esperienza d’uso. Nemmeno noi siamo in grado leggere le informazioni che un utente sincronizza fra un dispositivo e l’altro per cui la privacy dell’utente è tutelata. D’altra parte se questo tipo di approccio funziona molto bene per i contenuti che sono effettivamente custoditi sul dispositivo, non è efficace nel caso si voglia condividere i dati con qualche applicazione esterna. Non si può ad esempio, comunicare la propria posizione geografica o i propri gusti ai propri amici. O anche potendo non serve a molto, se i dati sono criptati. È invece quello che fanno molto bene servizi come Facebook Connect, che sono ottimi per l’intrattenimento. Stiamo perciò lavorando a un sistema che che consenta di condividere anche queste parti della propria vita in maniera sicura. È un compito ambizioso ma a Mozilla siamo molto ambiziosi. E ci diciamo: se non lo facciamo noi, chi altro lo farà?

Balza infatti all’occhio come Mozilla sembra essere quasi l’unica grande forza del mondo del Web che lavora secondo principi diversi dal profitto. Avete qualche amico o alleato particolare, fra le grandi multinazionali della Rete o siete davvero l’unica eccezione?
Abbiamo un’ottima relazione con Wikipedia, la consideriamo un alleato in molti campi, anche Wordpress condivide la nostra filosofia. Ma nella particolare area delle tecnologie fondamentali che sono alla base del funzionamento di Internet e che hanno impatto così forte sulle nostre vite, Mozilla è un caso più unico che raro. La gente, specie in California, mi dice spesso che è stufa di sentire che siamo una fondazione no-profit ma io lo ripeto ugualmente perché è molto importante; fa capire i principi alla base delle nostre scelte.

Ha un po’ stupito però che abbiate scelto di non continuare a sviluppare un prodotto come il client di posta elettronica open source Thunderbird , apprezzato da moltissime persone. Come mai avete preso questa decisione?
Perché, come accennavo prima, siamo molto ambiziosi, e ci sono così tante cose in gioco. Pensiamo che la nostra missione sia costruire tecnologie che influiscano sul modo in cui centinaia di milioni di persone usano Internet. Thunderbird è un ottimo prodotto, ma non è funzionale a questa missione. Ci siamo chiesti: è il caso di dedicare tutte le nostre energie a questioni come la possibilità per i navigatori di avere un certo grado di controllo sulle enormi quantià di dati che oggi circolano su Internet o ci possiamo permettere di dedicarci anche a progetti “minori” come Thunderbird? Abbiamo scelto la prima opzione.

Via lastampa.it

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