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Che cosa rimane di Jobs,l’imprenditore che si fece star

La sua Apple è più umana e addirittura più ricca.Lui stesso diceva: “La morte fa spazio al nuovo”














Uguale ma diversa. Così è Apple oggi, a un anno dalla scomparsa di Steve Jobs: più ricca, più solida, forse perfino più umana. Tanto da chiedere scusa per i suoi errori, come quelle mappe, inaffidabili, lacunose, spesso semplicemente sbagliate, che nell’ultimo sistema operativo di iPhone e iPad hanno sostituito le vecchie realizzate da Google. Qualche giorno fa Tim Cook se n’è assunto la responsabilità e ha perfino indicato soluzioni alternative, in attesa che il problema venga risolto. Jobs avrebbe detto che sono gli utenti a sbagliare: come quando spiegò che la cattiva ricezione dell’iPhone 4 era colpa di chi lo impugnava male.

Tim Cook guida Apple dal 24 agosto 2011, scelto dallo stesso Jobs pochi mesi prima della sua scomparsa. Ma non lo ha nominato in nessuna delle sue apparizione pubbliche per presentare nuovi prodotti: non durante il lancio dell’iPhone 4S, giusto un anno fa, mentre a Jobs rimanevano poche ore di vita, né parlando del nuovo iPad o dei portatili superpotenti. E nemmeno tre settimane fa, quando ha introdotto l’iPhone 5, cui Jobs lavorò fino all’ultimo. Nessun colpo di scena nelle sue presentazioni: la musica è forse un po’ più attuale, la scena un po’ più colorata, c’è perfino qualche imperfezione, forse voluta (quando ha fatto i complimenti ai Foo Fighters, band rock chiamata a chiudere l’ultima presentazione, si è sentito distintamente un «Awesome», «Grandioso!» proveniente da dietro le quinte). La nuova Apple si presenta in scena con molti volti, non quello del solo Cook: ci sono Scott Forstall, Johnathan Ive, Phil Schiller, Bob Mansfield. È l’iTeam, sono gli uomini scelti da Jobs per traghettare nel futuro la sua creatura.

L’era Cook comincia subito con uno strappo: a settembre dello scorso anno, Cupertino avvia un programma di beneficenza, annunciando che raddoppierà le donazioni dei dipendenti. Jobs non era particolarmente sensibile alla questione, ma forse Cook intuisce che l’immagine di Apple ha bisogno di cambiare. Così, quando si ricomincia a parlare di suicidi nella fabbrica cinese Foxconn, incarica un’azienda esterna di valutare le condizioni di lavoro alle catene di montaggio di iPad e iPhone, ma anche di milioni di altri prodotti hi-tech per altre aziende, come Nokia, Sony e Microsoft. Cook fa di più: vola in Oriente e controlla personalmente gli stabilimenti; segue servizio fotografico con casco giallo tra gli operai.

Intanto Apple continua a crescere in Borsa, tanto che oggi vale il doppio di un anno fa: non ha presentato nel 2012 nessun prodotto rivoluzionario, ma si trova nella fortunata condizione di continuare a innovare semplicemente proseguendo sulla strada già tracciata.

Così aumenta la risoluzione degli schermi, i vari software si integrano con i servizi cloud (iCloud), prendono piede, dopo il touch, altre forme di interazione tra uomo e macchina, come Siri, l’assistente vocale lanciato sull’iPhone. Arriverà, prima o poi, un televisore, ma intanto, con il nuovo processore A6, a Cupertino hanno dimostrato di saper realizzare da soli un elemento chiave di ogni apparecchio informatico, e certamente si vedranno chip con la Mela sui prossimi Mac. Anche questa era un’idea fissa di Jobs: produrre tutto in casa, software e hardware, per avere sempre sottomano quello che serve quando serve. E, nel caso, scegliere tra più fornitori, per non dare a uno solo troppo potere.

È successo con Samsung, che produce chip e display per iPhone e iPad: ma il vero bersaglio della lunga battaglia legale è Google, che avrebbe copiato il sistema operativo di Apple.

Nella biografia di Walter Isaacson, Jobs minaccia una «guerra termonucleare» contro Android. Cook ha spiegato invece che detesta le aule di tribunale e preferisce la via dell’accordo. Al momento non sembra possibile (i coreani hanno appena chiesto di vietare le vendite l’iPhone 5, che violerebbe alcuni loro brevetti), eppure è un altro tratto che rivela come la personalità di Tim Cook sia profondamente diversa dal suo predecessore.

Un altro strappo potrebbe arrivare fra qualche settimana, se davvero sarà lanciato il nuovo iPad Mini, che Jobs non voleva. Ma forse il miglior complimento che si possa fargli è di non aver provato a imitare Jobs, l’unico amministratore delegato di una società che abbia mai avuto la fama e l’affetto tributati a una rockstar. Che nel suo famoso discorso all’Università di Stanford disse: «La morte è molto probabilmente una delle migliori invenzioni della vita. È l’agente del cambiamento. Spazza via il vecchio per fare posto al nuovo». 

Via lastampa.it

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