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Il documentario in Siria girato interamente con l'iPhone

«Syria: Songs of Defiance» è stato realizzato da un corrispondente di Al Jazeera e mette in evidenza tutte le potenzialità del giornalismo mobile


















A Dicembre la Siria aveva ufficialmente bannato gli iPhone dal paese nel tentativo di fermare il flusso continuo di immagini e video condivise sulla Rete. Alcuni attivisti non si sono fermati all'invito del governo e hanno proseguito il loro obiettivo di mobile journalism. Il risultato è un documentario di 25 minuti, diffuso a marzo dalla rete Al Jazeera, che mostra un racconto in prima persona della rivoluzione in corso. Le parole e i video sono di un giornalista anonimo della stessa Al Jazeera, di cui per motivi di sicurezza non ha mai rivelato l’identità. Con le telecamere della rete televisiva vietate all'interno della Siria, l’unico metodo possibile per immortalare foto e video di quello che stava succedendo era tramite un oggetto che non dava troppo nell'occhio come uno smartphone.

Il documentario “Syria: Songs of Defiance” (Siria: canzoni dei resistenza) comincia con la motivazione dell’utilizzo dell’iPhone per girare le scene: “Portare una macchina fotografica sarebbe rischioso, ho il cellulare con me, in giro per tutto il paese”. Ecco perché saper utilizzare un iPhone in questo modo è una vera capacità, almeno pari a quella del coraggio di vivere certe situazioni. Ci sono almeno quattro ragioni alla base dell’importanza di un documentario del genere:

La lingua. Molti video degli attivisti postati sul web non hanno una narrazione e se la hanno sono in lingua originale. Il lavoro del reporter anonimo è diverso: rende il filmato accessibile a tutto con l’utilizzo in post produzione di sottotitoli per le riprese in arabo, sia nel caso di interviste con i civili che di canzoni intonate dai manifestanti

Il pubblico. All'inizio del documentario il pubblico può intravedere alcuni oggetti non direttamente identificabili. Sono familiari per i manifestanti siriani ma la maggior parte di coloro che hanno visto il video al di fuori della Siria non li hanno mai visti prima probabilmente. Il giornalista si pone dalla parte di chi vede quelle scene per la prima volta spiegando passo dopo passo cosa sta vedendo. Nel caso degli oggetti mostrati all’inizio si scopre che sono “bombe pollice”, innocue ma utilizzate per mettere in guardia chi non è ancora entrato nel meccanismo della rivoluzione.

La prospettiva. La Siria ha vissuto le proteste per più di un anno ed è per questo che durante le ultime riprese molte cose erano scontate e il significato delle azioni non emerge quasi mai dai filmati. Tuttavia il giornalista di Al Jazeera, consapevole del suo audience, ha offerto una prospettiva del tutto nuova, in grado di far comprendere anche agli outsider ciò che stava accadendo.

Il mezzo. Ciò che distingue Songs of Defiance dal resto di documentari girati con dispositivi mobili è l’editing. L’inclusione della musica, il taglio di inquadratura, le interviste ristrette, donano un aspetto più stilizzato e reale a tutta la situazione, lasciando sempre ben visibile l’umanità dietro le vicende, una cosa che i video caricati su YouTube non trasmettono quasi mai: "Li ho seguiti nelle proteste, li ho visti manifestare, combattere e morire, e ho anche sentito i loro canti di libertà. Questa è la loro storia".

(Nell'immagine, un fotogramma del documentario)

Via lastampa.it

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