tag foto tag foto tag foto tag foto

Apple, i trucchi per non pagare le tasse

Filiali in Irlanda per avere agevolazioni e profitti spostati nei paradisi fiscali
















Il presidente Obama ne ha fatto un tema centrale della campagna per la sua rielezione: tutti devono pagare la loro giusta porzione di tasse. Anche e soprattutto i ricchi, ai quali vorrebbe imporre la regola del miliardario Warren Buffett, secondo cui non è possibile che uno come lui abbia un’aliquota fiscale inferiore a quella della sua segretaria. E’ la storia della diseguaglianza economica esplosa negli Usa, mettendo il 99% della popolazione contro l’1% che possiede una fetta astronomica della ricchezza nazionale.

A guardare bene, però, tra i principali imputati ci sono proprio alcune aziende dei settori che hanno sostenuto i democratici, come quello digitale. E in cima alla lista c’è la Apple, che secondo un’approfondita inchiesta del New York Times ha inventato trucchi molto originali per evitare di pagare le tasse. La questione della distribuzione sproporzionata della ricchezza ha due facce: una è quella del reddito personale, che nel caso del milionario Mitt Romney è tassato intorno al 15%, perché si tratta in larga parte di capital gains; l’altra è quella dei ricavi delle grandi aziende, che spesso ricevono enormi agevolazioni. Ha fatto discutere parecchio, ad esempio, che un colosso come la General Electric paghi aliquote molto basse.

Il New York Times, però, ha scoperto che la Apple ha fatto scuola in questo campo, inventando pratiche tipo quella del «Double Irish With a Dutch Sandwich», ormai imitate da tutti. In sostanza ha aperto due sussidiarie in Irlanda, che ricevono enormi agevolazioni fiscali dal governo locale, e ha trasferito laggiù le royalties dei brevetti registrati in California. Poi ha spostato i profitti alle Virgin Island britanniche, un paradiso fiscale nei Caraibi, attraverso la sussidiaria Baldwin Holdings Unlimited. Nello stesso tempo, approfittando dei trattati fra i paesi europei, ha girato altri profitti “irlandesi” in Olanda quasi a tasso zero, facendoli sparire in maniera definitiva ai controlli esterni. Nello stesso tempo la gestione dei ricavi delle vendite di brani musicali per iTunes è stata affidata ad un società del Lussemburgo, perché il governo locale ha offerto enormi agevolazioni fiscali.

Le pratiche originali della Apple, però, non riguardano solo le operazioni compiute all’estero, che hanno il vantaggio di abbassare o cancellare le tasse, ma hanno lo svantaggio di non poter riportare quei soldi negli Usa senza fare i conti con l’Irs. Così l’azienda fondata da Jobs, nonostante abbia il quartier generale a Cupertino e costruisca la maggior parte dei suoi prodotti in Cina, ha aperto una sede amministrativa a Reno, nel Nevada. Laggiù lavora una manciata di impiegati, ma passano enormi quantità di soldi. Motivo: in California l’aliquota della corporate tax è 8,84%, mentre in Nevada è zero.

Secondo uno studio fatto dall’ex economista del dipartimento del Tesoro Martin Sullivan, l’anno scorso la Apple ha fatto profitti per 34,2 miliardi di dollari e ha pagato tasse per 3,3 miliardi, ad un’aliquota media del 9,8%, risparmiando 2,4 miliardi grazie a queste pratiche. Un vantaggio significativo viene dall’essere un’azienda digitale, che non produce tutta la sua ricchezza in un chiaro luogo fisico, come accade per un’azienda automobilistica. Ad esempio la catena di supermercati WalMart l’anno scorso ha pagato 5,9 miliardi di tasse su 24,4 miliardi di profitti, ad un’aliquota del 24%.

La Apple ha risposto al New York Times che ha applicato le leggi esistenti e ha pagato tutto il dovuto. Ma non è sicuro che questo basti a tranquillizzare la California, sull’orlo della bancarotta, e il governo federale, che sull’equità fiscale sta basando la rielezione di Obama.

Via lastampa.it

Nessun commento

Powered by Blogger.