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Steve Jobs: l’addio che non è un addio













Steve Jobs, Eric Schmidt, Bill Gates: in ordine cronologico inverso sono questi i CEO che hanno lasciato i rispettivi gruppi negli ultimi anni dopo aver combattuto una strenua battaglia di mercato del primo decennio del XXI secolo. Motivazioni diverse, storie diverse, momenti differenti. L’abbandono di Steve Jobs sembra però ora accostarsi più a quello di Eric Schmidt, amico di lunga data e già collega nel consiglio di amministrazione Apple, che non a quello del rivale Gates: Jobs rimarrà in Apple, pur con un ruolo nuovo e con una presenza maggiormente defilata.
I timori striscianti scatenati dalla lettera di commiato sono quelli di un peggioramento delle condizioni di salute di Jobs. Il carcinoma al pancreas prima ed il trapianto di fegato poi, infatti, hanno lasciato un segno indelebile sul fisico dell’ex-CEO di Cupertino, ma non gli hanno impedito di tornare sempre e comunque al proprio posto. L’abbandono è stato comunicato con una lettera di addio, però, che termina con un arrivederci: Jobs ha dettato infatti le linee della sua successione, ha scritto egli stesso il finale della storia e si è riservato un ruolo preciso anche per il futuro.
Jobs ha eletto come nuovo CEO Tim Cook e si è ritagliato un ruolo come Presidente. Jobs, insomma, non lascia definitivamente Cupertino, ma va ad assumere un ruolo di rappresentanza che gli consentirà maggior libertà di movimento, minor responsabilità quotidiana, maggior incisività nella propria presenza pubblica e tutto ciò senza far gravare sull’azienda eventuali ulteriori assenze per motivi di salute. La linea di successione che gli azionisti chiedevano non solo è stata comunicata, ma è stata anche resa immediatamente esecutiva: Jobs spiega di voler continuare a contribuire “per molti anni” ancora ai successi dell’azienda e tale espressione non sembra essere casuale. Jobs allontana insomma ogni timore relativo a possibili nuovi problemi di salute, ma si fa da parte e detta così il ritmo della propria storia così come lo ha dettato fin dal giorno in cui è tornato a Cupertino con in mano la rivoluzione iPod.
Oggi Steve Jobs è il maggior azionista Disney. Il valore di capitalizzazione del gruppo Apple durante la sua reggenza sono passate, segnala Bloomberg, da 2 miliardi di dollari a 350 miliardi circa con una crescita del 9000% dal 1997 ad oggi. Il futuro di Jobs rimane sulla falsa riga del passato: un po’ Apple e un po’ Disney, dedicando probabilmente maggior tempo alla cura dei propri problemi, ma senza privare Apple del valore iconico del suo guru. Un addio, insomma, che suona come un “non ci lasceremo mai”.

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